Sin dagli inizi la psicanalisi si è divisa in correnti. In vita, era Freud a decidere chi fosse un vero psicanalista e chi invece aveva abbandonato il campo (exit Jung, Adler e qualche altro). In seguito, è stata l’IPA a cercar di esercitare tale ruolo, ma l’esclusione di Lacan ha fatto esplodere l’ambiente psicanalitico. Le numerose associazioni lacaniane, non- membro dell’IPA, sono oggi riconosciute nella loro attività di formazione. Anche se per alcuni sarebbe più opportuno parlare delle psicanalisi al plurale, anziché della psicanalisi…
E però, al di là dei disaccordi e delle accuse, esiste un’unica e sola psicanalisi. Si può infatti facilmente riconoscere un analista – chi pratica la psicanalisi – dal suo rispetto di tre grandi criteri:
Certo le teorizzazioni e le modalità d’intervento poi cambieranno a seconda degli analisti, ma questi tre grandi criteri sono al tempo stesso necessari e sufficienti per qualificare di psicanalista un clinico.
Dobbiamo dispiacerci che l’unità della nostra disciplina alberghi nel suo seno non poche grosse divisioni? Queste ultime indubbiamente dipendono dalla singolarità e anche sensibilità di ogni analista, ma anche dal verdetto tardivo di Lacan: “la psicanalisi è intrasmissibile”! Ed è così che gli analisti hanno ciascuno i propri riferimenti teorici privilegiati, le proprie esperienze della cura in quanto analizzanti, i propri transfert di lavoro, la propria struttura psichica, il proprio stile ecc.
Ciò nonostante, questi tanti diversi analisti, che però praticano bene la psicanalisi, sono sufficientemente numerosi affinché quanti vogliano tentare l’avventura del lettino per liberarsi di alcune difficoltà possano trovare colui o colei con cui cogliere qualcosa della propria enunciazione… Non è perciò una buona notizia?
P.S. Queste note avranno certamente la possibilità di essere riprese e ampliate durante il prossimo Seminario d’inverno, dedicato alla formazione degli psicanalisti.
Thierry Roth,
vice-presidente dell’ALI